Frames Blog Federico Serrani

6 domande a …Giovanni Hänninen

4 Febbraio 2023

di Alessandra Lanza, in arte @ale_theia

Giovanni Hänninen è uno di quei professionisti in cui si fondono aspetti che sembrerebbero poco compatibili: è per metà siciliano, per l’altra finlandese, ha studiato ingegneria aerospaziale, coronando il sogno di diventare pilota d’aereo e oggi lavora come apprezzatissimo fotografo d’architettura. Oggi vive e lavora a Milano, dove insegna anche fotografia al Politecnico. Di seguito risponde alle nostre sei domande.

 

Se non avessi fatto il fotografo di architettura cosa avresti fatto, e perché?

 

Se non fossi stato travolto dalla passione per la fotografia avrei continuato a fare l’ingegnere. Ho lavorato per anni nel campo della ricerca. Ho avuto la fortuna di lavorare in ambiti molto stimolanti come l’ESA e occuparmi di temi più vicini alla fantascienza che alla realtà.  Ho lavorato con persone incredibili come la prof.ssa Amalia Finzi (nota come la Signora delle Comete) da cui ho imparato molto.  Tutto questo non è stato spazzato via nel momento in cui ho deciso di seguire il sogno di diventare fotografo, ma mi è servito per realizzarlo. E tutto quello che ho studiato e realizzato lo porto sempre con me nella realizzazione dei progetti fotografici.

 

Per te che cos’è la fotografia?

 

La fotografia è tante cose, ci sono diversi generi che si stanno spacchettando e mischiando. Ci sono differenti campi applicativi e modalità di rappresentarli. Per quanto mi riguarda, la fotografia è mostrare quello che abbiamo spesso tutti sotto gli occhi con uno sguardo nuovo, uno sguardo che faccia pensare e attiri l’attenzione del pubblico. Oramai da decenni siamo bombardati di immagini, ogni anno sempre di più. È un tema lungamente dibattuto che si incrocia con quanto oggi la fotografia possa rappresentare il reale. 

 

Qual è la fotografia che hai scattato che più rappresenta il tuo modo di vedere? 

 

Credo che le fotografie che più mi piace realizzare siano quelle legate a una idea o un progetto. Mi piace pensare che ci sia un pensiero che viene trasmesso nelle immagini. La fotografia qui è frutto di un’idea folle condivisa con il grande regista e scenografo Pierluigi Pizzi come copertina della sua mostra Va Pensiero al Museo del Teatro alla Scala nel 2020. L’idea era di rappresentare il rapporto tra la cultura e il Teatro. Così è nata non tanto questa immagine quanto questa installazione che ho realizzato per poterla poi fotografare.

Questa immagine rappresenta una delle grandi potenzialità che ci dà la fotografia: immaginare qualcosa e poi fissarla nel tempo. Ma l’immaginazione da sola non basta, serve anche la progettualità e la visione di cosa si vuole effettivamente realizzare. E questa sfida è la cosa che mi piace portare avanti. Senza svelare ancora nulla, a inizio marzo alla Triennale di Milano verrà esposta una immagine gigante realizzata su un lavoro degli Studio Ossidiana che rappresenta ancora una volta questa sfida.

Va Pensiero, Teatro alla Scala 2020

 

Dove possiamo vedere le tue opere in questo momento in giro per il mondo? E prossimamente?

 

Fino a fine marzo al MUFOCO, Museo di Fotografia Contemporanea, nella sede di Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo, è in mostra la collettiva Paesaggio dopo Paesaggio, curata da Matteo Balduzzi. Questa mostra è il frutto delle nuove acquisizioni dei progetti fotografici di sei autori italiani. Nel mio caso si tratta del lavoro cittàinattesa realizzato con Alberto Amoretti. Questo lavoro nasce sotto la spinta di Gabriele Basilico che nel 2012 ci invitò a partecipare a una mostra a Casa Testori. Con Amoretti abbiamo pensato quindi di costruire una città ideale formata da luoghi della città dimenticati, abbandonati. Ci siamo chiesti cosa faccia città: una fabbrica, una chiesa, un teatro, una torre e così via. Su queste tipologie abbiamo creato un modello che tiene al suo interno la storia stessa di Milano, spesso una storia dimenticata. In questa mostra i testi, parte integrante del progetto, diventano degli oggetti che possono essere letti, toccati, esplorati come in un viaggio nel tempo che mostra il cambiamento che Milano sta subendo nell’ultimo decennio.

 

Nei prossimi mesi prenderanno luce molti dei progetti sviluppati negli ultimi tre anni. Il primo a essere presentato sarà alla Fondazione Dalmine per Bergamo-Brescia capitale italiana della cultura. All’interno del percorso di mostre sui Paesaggi Industriali io presenterò una anteprima del progetto fatto sulla Company-Town di Dalmine. Un piccolo gioiello architettonico dimenticato.  Questa estate poi presenteremo a Trento una mostra e un libro su un lavoro di ricerca fatto tra il Politecnico di Milano e l’Autostrada del Brennero. È un lavoro a cui tengo molto perché da una parte è in continuità con altri progetti di ricerca sul cambiamento del paesaggio che porto avanti da molti anni, dall’altra segna l’inizio di un mio lavoro più ampio sulle infrastrutture e sui flussi di merci e persone in Europa. 

 

Un film, una mostra, un libro, qualsiasi opera d’ingegno che ti ha ispirato ultimamente e che consigli (e perché)?

 

Oliver Sacks, Un antropologo su Marte. Un libro scritto dal grande neurologo britannico scomparso pochi anni fa che racconta vari casi limite che ha incontrato nella sua carriera.

Credo che tutti dovrebbero leggerlo, e io lo faccio leggere sempre ai miei studenti in università. Non è un libro sulla fotografia, ma è un libro sulla percezione del mondo e sul rapporto tra noi e la realtà. Di fatto la base per chiunque voglia avvicinarsi al mondo con occhi nuovi e cercare di raccontarlo con il proprio sguardo.

 

Ultima domanda: una previsione per il futuro? (del mondo o di una parte di esso) 

 

Mi sa che ti sei confusa, non mi occupavo di astrologia ma di astronautica.

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