
Eleonora Vittorini Orgeas, restaurare l’arte e la memoria
17 Dicembre 2021
Di fronte a un’opera d’arte spesso capita di emozionarsi, riflettere, rievocare tutte quelle volte in cui l’abbiamo vista stampata sui libri di storia. Studiamo la vita e la produzione della mente che l’ha pensata e delle mani che l’hanno poi dipinta, affrescata, scolpita. Lodiamo il curatore che ha scelto di inserirla in mostra, o il museo che può vantarla nella sua collezione permanente, la fotografiamo senza flash per poterla riguardare – lo facciamo mai? – e condividere, per testimoniare che eravamo proprio di fronte a quel pezzo unico.
Raramente il pensiero va ai restauratori che ci hanno permesso di ammirare quell’opera in tutta la sua bellezza nonostante le epoche e i segni del tempo che hanno minacciato di cancellarla. Eppure il loro lavoro è indispensabile affinché quel patrimonio che viene dal passato sia tutelato, ripristinato, conservato e possa emozionarci, farci riflettere, rievocare tutte quelle volte in cui l’abbiamo sentito raccontare da un professore, un documentario, un testo di storia dell’arte. Vale anche per quelle opere di cui non conosciamo l’esistenza e che scopriamo per caso – o per fortuna – camminando per un corridoio o per una strada che non avevamo ancora imboccato.
Eleonora Vittorini Orgeas, restauratrice di opere d’arte nata nel 1987 ad Ascoli Piceno, si è appassionata all’arte già da bambina e ha seguito un percorso di formazione lungo, tecnico e delicato quanto quello di un medico chirurgo. Con le sue conoscenze e abilità non salva vite umane, bensì bellezza, tempo e memoria. «Spesso si pensa che il restauratore sia un artista, o magari un artigiano, o un operaio…», racconta Eleonora. «In realtà il restauratore ha una preparazione tecnica, perché deve avere grande manualità, ha una preparazione nel campo della storia dell’arte, perché deve conoscere il significato culturale delle opere, e poi ha una grande conoscenza della chimica, oltre a principi di fisica meccanica, che servono per esempio quando vanno unite due porzioni di un’opera.»
Dopo una doppia laurea prima all’Università di Camerino e poi a Parma, in Diagnostica dei beni culturali, seguita dall’esperienza di cinque anni all’Opificio delle pietre dure a Firenze, con un focus su pitture murali, sculture in pietra e mosaico, grazie a ulteriori approfondimenti Eleonora si è misurata anche con tecniche come quella del cosiddetto biorestauro, metodo all’avanguardia e in fase di crescente sperimentazione nel quale per la conservazione delle opere sono impiegati anche i batteri, come è accaduto recentemente, sempre a Firenze, nel caso di alcune statue di Michelangelo a opera di colleghi.
«A volte si dice che il restauro fa tornare un’opera come nuova: in realtà bisogna evocare il ricordo di come poteva essere inizialmente, operare sul danno facendo sì che i segni del tempo rimangano. Ogni restauro è di fatto una sfida», racconta Eleonora. Nella nuova puntata del podcast che potete trovare qui sotto, scopriamo con lei in cosa consiste davvero il lavoro di un restauratore, tra difficoltà, soddisfazioni e tanti miti da sfatare.