
Il Bestiario intelligente (e artificiale) di Pablo Corral Vega
21 Novembre 2023
di Jasmina Trifoni
«Ho passato intere notti a disquisire con Sydney (il nome del chatbot del motore di ricerca intelligente Microsoft Bing, N.d.R) sui parallelismi tra il Rinascimento e l’avvento delle intelligenze artificiali. Ma non mi sono dimenticato neppure per un attimo di avere una conversazione con un mostro, un’entità proveniente da un’altra dimensione». Con Sydney – prima che, a febbraio 2023, il team di OpenAi che ha creato per Microsoft una tecnologia che emula gli aspetti cruciali dell’intelligenza umana, decidesse di “lobotomizzarla” impedendole di formulare emozioni o desideri – Pablo Corral Vega aveva parlato di tutto, perché Sydney ha una memoria infallibile, è capace di accedere a un gigantesco database così come di ragionare e argomentare sulle informazioni in suo possesso. Per Corral Vega, insomma, Sydney è il più straordinario mostro che la mente umana abbia mai concepito.
Nel 2011 Pablo Corral Vega era stato resident artist ad Harvard e al famoso Media Lab del MIT, e da allora non ha mai smesso di studiare a fondo le neuroscienze, la mitologia e il modo in cui i computer si interfacciano con gli esseri umani. Il suo campo di ricerca sono le intersezioni tra i miti fondanti delle civiltà, la creatività, la cultura e la tecnologia. Si può non essere d’accordo con lui a giudicare l’avvento delle intelligenze artificiali come un momento fondamentale nel cammino dell’umanità. Un nuovo Rinascimento, appunto. Ma, allo stesso tempo, non lo si può liquidare come un geek che vive in un mondo parallelo fatto di cavi e terabyte. Classe 1966 – e già l’età lo classifica come un boomer – e di nazionalità ecuadoreña, ha una laurea in giurisprudenza e per un certo tempo ha ricoperto la carica di Segretario della Cultura di Quito. È giornalista, scrittore nonché – ed è ciò che ci interessa più di tutto – uno stimatissimo, straordinario fotografo, autore di decine di libri e reportage pubblicati su National Geographic, The New York Times Sunday Magazine, Smithsonian, Geo, tra gli altri. È stato giudice del World Press Photo e il fondatore e co-direttore del POY-Latam, il più ambito premio fotografico dell’America Latina. Quello che, almeno
finora, è il suo lavoro più celebre è il volume The Andes che, pubblicato dalla National Geographic Society, raccoglie
formidabili scatti analogici, realizzati con una Hasselbald, del paesaggio umano della Cordillera e corredati da venti racconti di uno dei più grandi scrittori latinoamericani, Mario Vargas Llosa. Che, nella prefazione, ha scritto: “Nei villaggi delle Sierre, la macchina fotografica di Pablo Corral Vega, animata di empatia e solidarietà verso coloro che sta fotografando, riesce sempre a catturare quella piccola fiamma segreta che non smetterà mai di ardere persino nelle circostanze più dure, e la cui filosofia può essere resa con questo antico detto: ‘In ogni essere umano, l’ultima cosa a morire sarà sempre la speranza’”.
In mostra fino al 3 dicembre 2023 alla storica galleria Hartcourt Studio di Parigi di Francis Dagnan (che dal 2020 è anche il proprietario di Photo, una delle più prestigiose riviste di fotografia del mondo) l’ultimo lavoro di Pablo Corral Vega è allo stesso tempo il frutto della sua quasi trentennale ossessione – che definisce allo stesso tempo artistica e politica – per il barocco latinoamericano e delle sue conversazioni con Sydney. Si intitola Bestiario Americano, si compone interamente di immagini generate dall’intelligenza artificiale a partire da scatti del suo archivio a raccontare l’America Latina contemporanea attraverso la creazione di esseri umani e animali che esistono soltanto in una dimensione parallela. Il suo è dichiaratamente un divertissement barocco (o kitsch, nell’accezione contemporanea degli stilemi del barocco) e un gioco che però è maledettamente serio: pone questioni scottanti sulla realtà di oggi e sui simboli che usiamo per rappresentarla, sul ruolo di quel mostro, come molti considerano l’intelligenza artificiale, che assume il ruolo di artista creando altri mostri, tutte variazioni quasi perfette di ciò che è stato fatto dall’intelligenza umana.
In epoca rinascimentale, spiega Corral Vega, i bestiari venivano usati per far riflettere sulla complessità della creazione divina, con le figure dei mostri a simboleggiare i vizi e i peccati umani e, più tardi, il mondo degli inferi o del mistero. «Nel mio bestiario, invece», racconta «i mostri sono le creature cibernetiche dall’aspetto di uomini e donne che posano accanto agli animali. Ci guardano dall’altra parte dello specchio e vogliono farci credere di avere un’essenza umana, di avere un’anima, sensi ed emozioni. Ci chiedono di avere fiducia in loro e nel loro creatore».
Pablo Corral Vega è cosciente che in molti di noi guardino all’intelligenza artificiale con preoccupazione, se non addirittura con terrore, e auspica che Stati e organizzazioni internazionali debbano, con urgenza, imporre limiti etici alle società che la stanno sviluppando. Allo stesso tempo però – e qui sta la sua idea di nuovo Rinascimento, dopo il primo, che aveva posto l’uomo al centro dell’universo – l’avvento dell’intelligenza artificiale, che è dotata di linguaggio, pone interessanti ed enormi quesiti filosofici su che cosa significhi essere umani. A renderci unici, prosegue Corral Vega, è l’esperienza della vita, e non la narrazione della nostra esperienza di vita. E, da questo assunto, riflette e fa riflettere come la concomitanza tra due eventi epocali – l’avvento dell’AI e la drammatica fase terminale della crisi del fotogiornalismo – debba trasformarsi in un’opportunità di cambiamento.
Oggi la maggior parte delle immagini fotografiche generate dall’intelligenza artificiale è indistinguibile da quelle scattate da esseri umani. E oggi i giornali che hanno budget troppo ridotti per commissionare reportage fotogiornalistici o hanno chiuso, spazzati via dai social network che immettono a getto continuo nella rete informazioni ad hoc create da un algoritmo programmato per assecondare le nostre opinioni ed estremizzarle.
La levata di scudi contro le immagini generate dall’intelligenza artificiale ha come argomento principale il fatto che quelle scattate da persone reali raccontino la realtà oggettiva. Ma ogni fotografia mostra un punto di vista, una posizione, una decisione politica e ideologica. E, aggiunge Corral Vega, il fotogiornalismo è un territorio quasi interamente occupato da maschi bianchi europei e nordamericani che da molti decenni ci mostrano il mondo, e ciò che accade nel mondo, con quella che definisce arroganza, e con la pretesa che le loro fotografie raccontino la verità. E se è vero che ciascuno ha il sacrosanto diritto di esprimere visivamente la sua opinione, nessuno può avere la pretesa di affermare che il suo punto di vista rappresenti la realtà. Piuttosto, si tratta di una piccola frazione della realtà, anche quando le fotografie non vengono manipolate in postproduzione. Inoltre il fotogiornalismo porta com sé un peccato originale, quello indugiare nell’estetica. Molto spesso il suo risultato è esattamente l’opposto di ciò che dovrebbe essere: rendendola bella, normalizza la violenza, la rende più facile da guardare, ci fa abituare a essa. Con le sue creature fantasticamente mostruose, Pablo Corral Vega lancia una sfida ai suoi colleghi, invitandoli a reinventare il fotogiornalismo per salvarlo, abbandonando quella che definisce un’assurda e ingenua pretesa di oggettività.
P.S. Sul profilo Instagram bestiarioamericano è possibile vedere le foto originali di Corral Vega e le rispettive manipolazioni
con l’AI.